CRONACHE AMERICANE: Downtown

Entrare nel vivo di una grande città americana è stata una nuova esperienza degna di nota, mi son immersa totalmente nella loro mania di gigantismo. Cleveland è prevalentemente bianca e di vetro, più o meno riflettente, le strade sono come sempre larghissime e attraversarle richiede una certa preparazione, i palazzi sono imponenti, maestosi, lussuosi, lindi e immacolati ma privi di anima,come un po’ tutto da queste parti. Comunque la città è decisamente più interessante ed affascinante della periferia ed offre un sacco spunti visivi e sensoriali.

Sono rimasta soprattutto colpita dall’inaspettata analogia fra gli yankees e gli indiani dell’India. Strano vero? Eppure…il primo segnale è stata la curiosità spesso troppo insistente e a volte sfacciata delle persone, spesso sconosciute, qui a Lakewood che, essendo un sobborgo residenziale estremamente tranquillo, è pure comprensibile. Inoltre sono diventata il massimo centro d’interesse di tutte le bambine del vicinato che ogni sera vengono a trovarmi e a travolgermi di domande, nonostante le loro origini europee ed il forte meltin’pot che le circonda sono rimaste di stucco quando gli ho detto che provengo da un altro continente, uso soldi diversi (glieli ho mostrati e regalato qualche moneta per loro grande gioia e meraviglia) e parlo un’altra lingua (che ora son tutte impegnate ad imparare). Il secondo, molto più inquietante, visto che mi trovo nel paese più potente del mondo, è stato scoprire che andare in giro con la macchina fotografica per le strade di questa parte di America profonda, compresa la metropoli, è come andare in giro per le strade indiane, suscitando cioè l’interesse di tutti e il narcisismo di molti che ti fermano per chiederti uno scatto per il quale studiano la posa ideale. Immagino che tutto ciò derivi dal fatto che mi trovo in una zona sconosciuta al turismo e che probabilmente sono l’unica turista straniera di tutta la stagione estiva, dico ciò perché mi è stato addirittura chiesto due volte per strada perché stavo facendo foto! Incredibile no? Passeggiando all’interno di cotanta modernità, efficienza e pulizia trovo gli stessi sguardi ingenui e rassegnati e lo stesso modo di fare spontaneo-naif-sempliciotto-ficcanaso che ho trovato nel paese che consideravo diametralmente opposto in tutto e per tutto a questo qui.

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Le persone mi si sono rivelate come molto socievoli e non si limitano solo a fare domande, con la stessa spontaneità ti raccontano volentieri tutta la loro vita, senza tralasciare particolari importanti. I ciccioni, le vecchiette e gli afroamericani sono assolutamente i miei soggetti preferiti. Dei ciccioni vi ho già parlato quindi passo direttamente alle vecchiette che, ancora non ho capito perché, vanno in giro con delle cuffiette di plastica trasparente in testa quando non piove e che spesso si aiutano per camminare con tutti i tipi di bastoni e trabiccoli a 2 o 4 ruote completamente ripiegate su sé stesse, particolarmente pittoresche e drammatiche. Gli afroamericani invece sono fantastici, eccentrici, coloratissimi, esibizionisti, creativi, buffi e pieni di stili differenti, li percepisco come l’anima di questo paese, il battito cardiaco che ritma il trascorrere del tempo, ciò che lo rende interessante culturalmente e visivamente, ciò che aggiunge un po’ di colore a questo mondo così apparentemente sterilizzato ed architettonicamente perfetto e ripetitivo, certo a volte impressionante quando si tratta di grattacieli e supermegapalazzoni-ultraarcimoderni, ma anche noioso e monotono (parlo di quello che ho visto fin’ora, probabilmente mi smentirò quando avrò visto di più, anche se tutta la cinematografia americana che mi son fatta in endovena mi lascia credere che rimarrò più o meno della stessa opinione).

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Andando in giro per la city ho raccolto interminabili apprezzamenti, molti di più di quelli che raccolgo per le strade europee, mi chiedo se derivi dal fatto che sono un delle rare ragazze non in sovrappeso che si aggiri da queste parti. La gita a downtown è stata fatta in bicicletta, 1h ad andare ed 1h a tornare, con il fratello di Julie (che ho il terrore, spero di smentirlo, che si sia preso una cotta per me) con il quale, da bravi americani salutisti, sulla via del ritorno mi son fermata sul lago a fare yoga e stratching (continuo, nonostante la mia pigrizia e assenza totale di sport, a sconvolgere i più impegnati sportivi per la mia flessibilità, sono una contorsionista mancata in realtà).

La natura invece ha molto di più da offrire, è potente e presente, variegata e interessante. Per ora ho visto poco che però mi lascia immaginare molto. In questo subborghetto tutto uguale, che si affaccia su di un grande lago, vivono innumerevoli specie di uccelli meravigliosi, mai visti prima, variopinti, solitari, in coppia o in stormi. Di tutti i tipi, dalle grandi oche selvatiche col collo nero e le piume marroni che volano in gruppo formando sempre una V ai corvi che invece di esser semplicemente neri hanno riflessi verdi e rosa metallizzati, dai picchi rossi e neri col ciuffo a uccellini neri-gialli e arancioni fosforescente etc. e così via all’infinito. E, assolutamente non inferiori per numero, a fargli compagnia e a farla da padroni in queste lande sono….gli scoiattoli!!!!! Sono ovunque, come i piccioni a Bologna, di tutte le taglie e razze, marroni o neri, grandi o piccoli, con le code vaporose o spelacchiate. Sono molto più coraggiosi dei nostrani, piccoletti, rari e fifoni, a questi qui ci si può avvicinare incredibilmente, senza toccarli però. Altro numeroso inquilino degli alberi di questa zona è quello reso noto da Cip&Ciop (in italiano non so come si chiami in inglese una cosa tipo chipmunks, ma naturalmente non si scriverà così), è troppo carino, molto più piccino del suo più famoso cugino, sveltissimo, timido e paurosissimo, corre così veloce che sembra che voli, che plani sull’erba.

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